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Benvenuto

djMi chiamo Saveria e, da qualche anno, allevo con entusiasmo Barbute Belghe, in particolare Barbute di Anversa, che sono in assoluto le mie preferite. Il mio allevamento si trova in una zona collinare abbastanza isolata, il che, se non mi ha propriamente facilitato a causa della presenza di numerosi predatori nella boscaglia circostante, mi ha permesso di evitare - almeno sino ad ora - quei contrasti con il vicinato che, ahimé, sono una delle più...

Telefono: 0039 320 5786546

e-mail: ilsognodellabarbuta@gmail.com

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Questo articolo é stato ispirato da un caso di enterite colibacillare che, recentemente, ha interessato alcuni capi del mio allevamento: come sempre accade, si trattava di esemplari abbastanza importanti, perché facenti parte di un nuovo progetto di colorazione che sto portando avanti da un po'.
Come sempre la pretesa non é di esaustività, bensì meramente illustrativa dell'approccio concreto: un articolo inerente una patologia, può dare un'ispirazione, una sensazione di "dejà vu" ma non può servire a bypassare di netto l'indispensabile ricorso al consulto specialistico di un veterinario che, come si vedrà, nel caso capitato ai miei animali, é stato determinante.


ESCHERICHIA COLI é un batterio gram-negativo, bastoncellare, appartenente al gruppo degli enterobatteri, batteri cioé il cui habitat naturale é costituito dall'intestino dell'uomo e di altri animali a sangue caldo.

Escherichia Coli

Si tratta di un germe ubiquitario del quale esistono numerosi ceppi, anche non patogeni ed anzi necessari per la digestione corretta del cibo e per la sintesi di alcune vitamine.
Alcuni ceppi di E. coli sono però l'agente eziologico di malattie intestinali ed extra-intestinali (nel pollo in particolare ad esempio malattia dei sacchi aerei, oviduttite, peritonite, setticemia acuta, artrosinovite, onfalite ecc.)
La patogenicità é legata a vari fattori:
- capacità adesiva del batterio alle cellule dell'ospite (nel senso di capacità del batterio di sfuggire ai meccanismi difensivi aspecifici dell'organismo, come il flusso dovuto al movimento ciliare dell'apparato respiratorio o la peristalsi intestinale).
- produzione di tossine (alcuni ceppi di E. Coli producono esotossine oppure le contengono all'interno della loro struttura, endotossine) che possono causare diarrea o altri gravi disturbi, anche nervosi, fino allo shock settico.
- antibioticoresistenza 
In genere la patogenicità é monospecifica ma vi sono ceppi in grado di provocare l'infezione anche in specie diverse.
Come gli altri enterobatteri E. Coli é termo- sensibile: esso viene distrutto da temperature superiori ai 70°C. Come disinfettanti si utilizzano detergenti a base di fenolo o di cresolo, il lisoformio, i composti di cloro e iodio.
La sua eliminazione avviene per via fecale: a tal proposito é bene sottolineare come gli animali con colibacillosi contaminino pesantemente l'ambiente, ove il batterio può sopravvire molto a lungo, specie in condizioni di elevata umidità.
Riguardo alle modalità di trasmissione ed alla patogenesi negli avicoli in particolare, é da presumere che le colibacillosi insorgano primariamente come malattie intestinali, per poi andare ad interessare altri distretti e/o organi;
per riassumere e schematizzare, quindi: enterite colibacillare ---> contaminazione ambientale elevata ---> inspirazione dei colibatteri con la polvere mista a deiezioni ---> aerosacculite ---> colisetticemia ---> eventuali localizzazioni secondarie (ad esempio testa o articolazioni).
E' possibile anche una trasmissione diretta per via verticale, cioé dalla madre agli embrioni. In questo caso, ed in particolar modo qualora vengano impiegate le incubatrici, la disseminazione dei ceppi patogeni dopo la schiusa dei pulcini é rapidissima, anche anche nell'ipotesi in cui, ad esser contaminate siano solamente poche uova contenenti embrioni infettati. 
Escherichia Coli può fungere da agente primario di infezione ma può anche essere secondario all'insorgenza di altre problematiche, ad esempio infezioni da virus o da micoplasmi;
Nelle infezioni indotte da questa specie di batteri, rilevante importanza causale possono assumere le condizioni ambientali, come ad esempio scarsa igiene ed inadeguata ventilazione dei locali di allevamento, sovraffollamento, difetti di alimentazione e/o stati carenziali, stati immunodepressivi, eventuale effettuazione di vaccinazioni, specie con vaccini vivi, che possano temporaneamente oberare la normale reattività dell'apparato immunitario e quindi renderlo vulnerabile ad "attacchi" imprevisti.
I tempi del processo patogenetico delle colibacillosi sono piuttosto rapidi: in poche ore i danni possono diventare notevoli e spesso irrimediabili e, conseguentemente, può essere decisiva la prontezza di reazione e la tempestività di intervento da parte dell'allevatore per diminuire la possibilità di esiti infausti, peraltro comuni.
Sebbene persone esperte possano riuscire ad effettuare una diagnosi abbastanza precisa dalla sintomatologia evidenziata dall'animale nel corso di queste infezioni, questa non é davvero operazione da tutti, anche perché il quadro clinico concretamente manifestato può essere comune ad altre patologie o parzialmente sovrapponibile.
Va sottolineato che una diagnosi certa di questa problematica é possibile solamente tramite esame batteriologico, da effettuarsi presso un laboratorio; posto che i tempi di sviluppo di questo batterio sono abbastanza rapidi, quest'ultimo potrebbe fornire un'indicazione plausibile già dopo un giorno, questo almeno a quanto ho potuto personalmente verificare.
A causa della notevole antibioticoresistenza sviluppata da numerosi ceppi di E. Coli (ce ne sono alcuni che non rispondono a nulla!), dovrà necessariamente essere effettuato anche un antibiogramma: la terapia antibiotica da somministrare dovrà difatti essere quanto più possibile mirata, questo sia per garantire una ottimale efficacia di azione, sia per evitare di incrementare ulteriormente le già notevoli doti di resistenza ai trattamenti di questa specie di batteri .

Sintomatologia: é abbastanza variabile, a seconda dell'evoluzione della malattia. Esistono forme diffuse, come pure forme localizzate a determinati apparati.
Nella forma diffusa, o colisetticemia si può notare un malessere generale dell'animale: arruffamento delle piume, letargia o movimenti rallentati e/o incerti, inappetenza o anoressia, diarrea catarrale (con porzione bianca), sintomatologia nervosa (ad esempio anomali ed immotivate rotazioni del capo verso il dorso).
Le forme localizzate riguardano apparato respiratorio, apparato digerente ed apparato riproduttore.
Nel caso di interessamento dell'apparato respiratorio é possibile avere un andamento della malattia acuto o cronico; anche in questo caso la sintomatologia appare variabile: si va da lievi alterazioni della voce, a rantoli più o meno profondi, fino ad importanti deficit respiratori, meno frequentemente scoli nasali e gonfiore dei seni infraorbitali; é possibile riscontrare un'anomalo rigonfiamento dei sacchi aerei dell'animale anche in assenza di qualsivoglia altra manifestazione evidente a livello respiratorio.
Anche quando si ha interessamento dell’apparato digerente, l’andamento può essere acuto o cronico, nella forma acuta si notano feci acquose, anoressia, letargia, nella forma cronica evidenziamo un forte dimagrimento.
Nella forma interessante l’apparato genitale (che interessa principalmente le femmine), si hanno ripercussioni sulla produzione delle uova (blocco della deposizione o produzione uova con guscio sottile e fragile) e/o morte embrionale.

Profilassi: Negli allevamenti da riproduzione, la raccolta delle uova deve essere frequente e deve essere prestata molta attenzione all'igiene dei nidi (il materiale collocato all'interno deve essere frequentemente rinnovato).
Le uova raccolte e destinate alla schiusa debbono essere disinfettate tramite fumigazione con prodotti specifici (ad esempio Virkons).
Se si impiega l'incubatrice per far nascere i pulcini, occorre necessariamente eliminare e uova sporche; se si fanno cicli continui di schiusa, la macchina deve essere disinfettata per fumigazione ad ogni nuovo carico, altrimenti, terminata la schiusa e prima di introdurre altre uova, occorre fare un'accurata pulizia della macchina con eliminazione di tutti i residui ed una disinfezione della stessa con prodotti idonei.
Per quella che é la mia esperienza personale, non bisogna aver troppo timore di aprire l'incubatrice per sperare le uova (anche la gallina si alza dal nido durante la cova per mangiare, bere, defecare).
Facendo schiuse a ciclo continuo, io personalmente lo faccio una volta a settimana (facendo molta attenzione ad evitare ogni urto e a non esagerare con i tempi), per eliminare via via le uova in cui lo sviluppo dell'embrione si sia per qualche ragione arrestato.
Bisogna ricordare che per quanto di buona marca possa essere l'incubatrice che abbiamo a disposizione, le condizioni che la stessa riuscirà a creare, non sono che lontanamente paragonabili all'"habitat" che l'uovo troverebbe sotto alla gallina, nel corso della cova naturale.
Rilevante incidenza sullo sviluppo embrionale ed anche sull'eventuale penetrazione di agenti patogeni all'interno dell'uovo, può averla l'umidità mantenuta all'interno della macchina: se troppo elevata essa può facilitare difatti  la degradazione della pellicola protettiva dell'uovo e conseguentemente l'ingresso di batteri patogeni - tra cui anche E.Coli - al suo interno, provocando poi la morte dell'embrione per setticemia.
A livello di allevamento, é importante evitare le condizioni sfavorevoli che predispongono alla comparsa della malattia:
- allevare dunque un numero ottimale di soggetti in proporzione allo spazio disponibile, evitando il sovraffollamento, che oltretutto é foriero di stress e dunque di indebolimento del sistema immunitario;
- attuare regolari ed efficaci ricambi d'aria se gli ambienti sono chiusi, ridurre la polverulenza con regolari operazioni di pulizia, attuate naturalmente quando gli animali sono fuori dai ricoveri e con prodotti idonei alla disinfezione (sono stati sopra indicati);
- curare l'alimentazione, evitando di acquistare mangimi scadenti a basso costo;
- somministrare periodicamente, soprattutto da pulcini, probiotici, (VSL#3, Sivoy) onde introdurre precocemente nei soggetti una flora batterica intestinale competitiva e funzionale.

IL CASO CONCRETO

Ha interessato cinque soggetti di razza barbuta di Anversa, due femmine e tre maschi, tutti fratelli e nati da un accoppiamento sperimentale e funzionale a fissare una nuova colorazione. Tre hanno un fenotipo "pezzato", uno é fromentino, uno é completamente nero.
Prima di partire per qualche giorno di vacanza, avevo trasferito questi animali a terra, in un ricovero tutto loro. Erano cresciuti fino ad allora in gabbia con fondo di rete ed effettuato tutta una serie di vaccinazioni: L'ultima
per pseudopeste, corizza, bronchite infettica (Olvac B+HG, vaccino spento), l'avevo effettuata un paio di giorni prima.
Al mio ritorno, 5 giorni dopo, lasciando la famigliola fuori dal ricovero, mi sono subito resa conto che le galline erano "strane", sembravano letargiche, si muovevano più lentamente...indugiavano lungamente al sole oppure si nascondevano tra l'erba per restare tranquille. Mangiucchiavano svogliatamente, prendendo lo stesso granello e ributtandolo in terra più volte, spesso, infine, senza neppure ingerirlo. Ad una palpazione constatavo che l'ingluvie era effettivamente vuota. Le feci non mi sembravano di ottimo aspetto. Pensando inizialmente ad un'infezione da coccidi in corso, raccoglievo un campione per far fare un esame dal veterinario ma intanto, per non perdere tempo, decidevo di somministrare un anticoccidico (baycox) direttamente nel becco, alimentando poi forzatamente le due galline inappetenti con pappa per pullus di pappagalli (ottima la marca ZuPreem, Embrace plus).
Mentre, come visto, le loro sorelle erano già visibilmente interessate da malessere, i tre galli non evidenziavano nessuna sintomatologia: erano al contrario vispi e pimpanti.
A distanza di qualche ora, la veterinaria interpellata per effettuare l'esame delle feci mi comunicava di non aver trovato un'infestazione significativa da coccidi: una sola oocisti era difatti presente sul vetrino; capivo allora che - purtroppo - ben difficilmente la causa del malessere delle due bestiole avrebbe potuto essere quella di relativamente semplice soluzione da me ipotizzata di primo acchito Indeciso.
Il giorno successivo le condizioni due galline erano notevolmente peggiorate, con loro anche il più sottomesso dei tre galletti, il fromentino, sembrava devastato. Aria sofferente, ali e coda bassi, letargia, inappetenza tarsi freddi e dalla presa debole ed incerta. Anche le feci avevano aspetto preoccupante. I rimanenti due esemplari continuavano a non evidenziare alcun problema.
Decidevo allora di togliere dal ricovero gli animali malati per metterli in una gabbia in casa, onde poterli monitorare meglio.

Questo l'aspetto degli animali al loro ingresso in casa, cioé all'incirca ad una trentina d'ore dalle prime avvisaglie di malessere.









Questo invece l'aspetto delle feci



Vista la diarrea continua, ed onde evitare di peggiorare eventualmente la condizione intestinale degli animali, evitavo di prendere l'iniziativa di somministrare antibiotici di testa mia ma le condizioni degli animali continuavano a peggiorare a vista d'occhio (una delle due galline aveva preso a voltare la testa indietro verso la groppa senza apparente motivo, a mo' di tic), sicché mi decidevo ad interpellare telefonicamente un veterinario mio amico, persona di notevole esperienza in campo avicolo; gli mostravo le foto scattate ai soggetti ed alle feci e gli spiegavo dettagliatamente la sintomatologia e l'evoluzione del quadro clinico che avevo potuto osservare. Il veterinario, dopo qualche domanda su circostanze ulteriori, mi suggeriva l'ipotesi di una colibacillosi consigliandomi di somministrare immediatamente un antibiotico, il Baytril.
La diagnosi ipotizzata mi riportava alla mente che, in effetti, qualche mese addietro alcune necroscopie effettuate su animali morti in circostanze non chiare, avevano evidenziato una presenza importante di Escherichia Coli a livello di vari apparati ove questo batterio non avrebbe dovuto trovarsi.
Chiusa la telefonata, decidevo di prendere un altro campione di feci per portarlo al laboratorio della locale facoltà di Medicina Veterinaria per fare effettuare un antibiogramma; subito dopo iniziavo a somministrare il farmaco indicatomi dal veterinario ai soggetti colpiti (iniezione intramuscolare nel pettorale, dose 1,25ml/kg di peso nel formato Baytril da 25 mg). 
Il responsabile del laboratorio dell'università, all'atto dell'accettazione del campione, mi riferiva che con ogni probabilità avrei potuto avere una risposta già nelle successive 24 - 30 ore se si fosse trattato di un'infezione da Escherichia Coli.
A casa intanto, a distanza di otto nove ore dalla somministrazione del Baytril, la progressione dei malesseri degli animali sembrava essersi arrestata: le loro condizioni erano stazionarie.
Volendo verificare se gli animali avessero febbre, controllavo la temperatura con un termomentro inserito leggermente nella cloaca ma constatavo come la stessa fosse assolutamente normale (a tale proposito specifico che la temperatura interna del pollo varia nel corso della giornata a seconda dei vari momenti tra i circa 39°c ai 41°c).
Visto che i malati continuavano a non mangiare, restando distesi sul fondo della gabbia anche completamente abbandonati su un fianco, per evitarne il deperimento, la disidratazione ed il subentro di squilibri elettrolitici, continuavo ad alimentarli con la pappa per pullus mantenuta abbastanza fluida (questo genere di alimenti é altamente energetico e completo di tutto, compresi i sali minerali).
Prima di procedere ad ogni nuova somministrazione di cibo, curavo di controllare che l'ingluvie si fosse svuotata.
Insieme al pasto somministravo alternativamente, disciolti in poca acqua che immettevo direttamente nel becco, VSL#3 (per aiutare l'insediamento di una flora battrica intestinale benefica e competitiva) ed un integratore (Rigeneflor dissenstop) contenente Saccharomyces boulardii, alcune vitamine del gruppo B e Caolino; Il caolino é un'argilla bianca con riconosciute proprietà antisettiche, battericide ed antinfiammatorie; nota anche la sua capacità protettiva della mucosa intestinale ed assorbente in relazione a tossine eventualmente presenti.
Il giorno seguente i soggetti colpiti continuavano ad essere stazionari, pur rimanendo davvero visibilmente abbattuti e sofferenti, ma purtroppo i due galli rimasti fuori nel ricovero cominciavano a manifestare segni di abbattimento.
Portavo in casa anche loro, trattandoli con la medesima terapia applicata agli altri tre.
A distanza di qualche ora, una chiamata dal laboratorio provvedeva a confermare l'ipotesi diagnostica avanzatami telefonicamente dal mio amico veterinario: si trattava effettivamente di un'importante enterite da Escherichia Coli !Triste
Purtroppo il laboratorio non sapeva ancora darmi indicazioni circa la bontà della terapia intrapresa dato che, per questo, si sarebbero dovuti attendere gli esiti dell'antibiogramma. Dunque tutto rimandato almeno al giorno dopo!
Dato che la terapia frattanto intrapresa aveva permesso di arrestare la rapida progressione dei malesseri, portando gli animali ad un lieve miglioramento, mi sentivo abbastanza speranzosa circa la sua efficacia

Questo era lo stato dei miei piccoli amici a poche ore dalla conferma della diagnosi

 

L'esito dell'antibiogramma mi veniva recapitato dal laboratorio dell'università nella tarda mattinata del giorno seguente: eravamo stati assai fortunati perché, di 13 antibiotici testati, solamente uno funzionava...seppure poco: il Baytril.
Ero stata davvero molto fortunata!
Proseguivo dunque la terapia, attendendomi miglioramenti che, però, tardavano ad arrivare. Solo un soggetto difatti - il gallo bianco pezzato - dopo due giorni di terapia, aveva mostrato un miglioramento evidente; tutti gli altri purtroppo languivano esausti a fondo gabbia, incapaci di alimentarsi e persino di bere.
Continuavo la somministrazione forzata di cibo e liquidi e, allo scopo di aumentare la consistenza delle feci che continuavano a rimanere liquide e di aspetto catarrale, iniziavo a dare agli animali un altro integratore a base di farina di carruba (Carobin pet);  per dare maggiore energia, aggiungevo all'alimentazione di pappa per pullus delle crocchette per gattini fino ad un mese (babycat Royal Canin): le piccole crocchette venivano inserite una alla volta e con cautela in fondo al becco fino ad un massimo di 10 ad animale.
Nei giorni a seguire, finalmente, gli animali cominciavano a manifestare segni di miglioramento; l'entusiasmo tuttavia durava poco...dato che quasi subito scoprivo che, sia una delle due galline che il gallo nero, avevano i sacchi aerei gonfi: l'aria immessa con gli atti respiratori non ne usciva.
Consultando nuovamente l'università in merito al problema riscontrato, mi si spiegava che, siccome l'unico antibiotico cui l'infezione era sensibile non funzionava a dovere, probabilmente alcuni batteri avevano avuto modo di migrare ad altri apparati, innanzitutto i sacchi aerei ove gli antibiorici iniettati non potevano arrivare: mi si consigliava pertanto di somministrare il medesimo baytril tramite aerosol per almeno cinque giorni in aggiunta alla terapia che già stavo praticando (max 0,2 - 0,3 ml di baytril ad animale, disciolto in 1,5 ml di soluzione fisiologica).
L'areosol può essere praticato in due modi:
- A : si prende un trasportino per gatti e lo si incarta bene con del cellophane fino a chiudere quasi tutti i buchi di areazione; Si inseriscono i polli all'interno, quindi si chiude la porticina (che andrà anch'essa chiusa con cellophane per la maggior parte possibile), si inserisce il boccaglio dell'apparecchio areosol e si comincia il trattamento. In questo caso la dose di farmaco da mettere nell'apparecchiatura sarà quella individuale moltiplicata per il numero di polli presenti all'interno del trasportino e diluita in almeno analoga quantità di soluzione fisiologica. Il trattamento dovrà essere interrotto solo quando il liquido formato da farmaco più soluzione fisiologica sarà completamente terminato.
N.B. E' ovvio che qualche buco di areazione del trasportino dovrà restare aperto per evitare un eccessivo accumulo di anidride carbonica all'interno; per lo stesso motivo sarà opportuno trattare solo pochi capi per volta se si tratta di polli di piccole dimensioni; uno alla volta se si tratta di polli di dimensione grande o medio grande.
- B : si prende una bottiglia di plastica dell'acqua e si ritaglia la parte alta nel suo punto più ampio con un paio di forbici fino ad avere una sorta di campana; Nella parte inferiore della "campana" così ricavata andrà sistemato a chiusura un guanto di lattice, sulla cui superficie tesa andrà praticata un'incisione sufficiente a far passare il capo del pollo da trattare. La parte del tappo andrà collocata al boccaglio dell'areosol, magari fissandola in maniera stabile con dello scothc di carta. In questo caso la dose di farmaco da fare sarà ovviamente quella prevista per ogni capo diluita in pari quantità di soluzione fisiologica.
Io per i miei ho scelto la metodologia B Sorridente

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Ho proseguito il trattamento areosol per 5 giorni come prescritto ma già al secondo giorno il problema di gonfiore ai sacchi aerei era completamente rientrato.

Il trattamento antibiotico per via parenterale é stato protratto complessivamente per 15 giorni, tempo in cui ho continuato parallelamente a somministrare probiotici e vitamine. Il pieno recupero si é avuto a distanza di circa un mese dall'inizio della problematica ed é stato più lento nelle due galline. 
Di seguito gli animali come si presentavano alla loro prima uscita all'apertoi dopo la malattia  Risatona



 



 

 

Come ho già detto la ripresa delle due galline é stata un po' più lenta rispetto ai lro tre fratelli; questo di evince anche dall'espressione non proprio vivace delle signorine nelle foto qui sopra Sorridente
Ad una decina di giorni di distanza, però, l'aspetto delle due donzelle é questo Risatona



 

E' stata davvero dura ma possiamo dire di avercela fatta!!!